pp. 57-68, Figg. 4
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Se è ben noto, infatti, che fu Agostino Giusti (1546-1615) a iniziare la raccolta di antichità, che egli volle collocare nel giardino, per formare un ‘museo-giardino’ ispirato ai grandi palazzi romani, forse meno conosciuto è il fatto che la raccolta si sviluppò per successive acquisizioni, operate dapprima da Giovanni Giacomo Giusti, figlio di Agostino, che per le iscrizioni romane aveva un interesse particolare, e poi via via dagli altri membri della famiglia. Questa raccolta di iscrizioni, infatti, non ha mai avuto un assetto statico, ma è stata caratterizzata, nel corso del tempo, da acquisizioni e, purtroppo, da perdite: basti pensare alle dieci iscrizioni, tre delle quali di notevole importanza documentaria, che furono ‘prelevate’ da Scipione Maffei e portate nel Museo Lapidario, che stava allestendo e dove ancora sono conservate.
This paper focuses on the history of the Giardino Giusti epigraphic collection, a story made of presences and absences, which can be traced only broadly, in the absence, at least for now, of new archival data. From this study a remarkable fact emerges: the collection of the Giardino Giusti is the only survivor of the numerous private epi- graphic collections, which existed in Verona (but also in other cities of the Veneto region) from the end of the sixteenth century. It is also the only one to have kept the number of inscriptions preserved in it almost unchanged over time, thanks to a family that for four centuries, through tumultuous historical moments, has managed to preserve an important historical heritage, saving it from dispersal.