Editoriale

Sauro Gelichi, Luigi Sperti,


Abstract

Il numero che qui presentiamo segna nella storia della Rivista di Archeologia una non piccola cesura, a cui concorrono in varia misura il nuovo quadro normativo sull’accreditamento delle riviste scientifiche all’interno dei grandi database, la volontà da parte di atenei e dipartimenti di regolamentare struttura, governance e funzioni delle riviste che ad essi fanno capo – e che spesso da essi sono finanziate – e non da ultimo, nel caso presente, il desiderio e forse anche la necessità di trarre un bilancio su quanto si è fatto in più di quarant’anni di attività, e di lanciare uno sguardo sui possibili scenari futuri. [...]
Quaranta anni sono un periodo lungo, specie per società quale la nostra che hanno fatto della velocità e del cambiamento le loro parole d’ordine: e le tecnologie hanno dato una spinta decisiva in questa direzione. Ma le tecnologie hanno anche contribuito a svecchiare l’archeologia, nella
misura in cui hanno introdotto strumenti che migliorano la nostra capacità di osservazione e, nello stesso tempo, amplificato la tipologia delle fonti a
disposizione, creandone di nuove. Inoltre, una riflessione sempre più approfondita sul senso e la percezione del passato, ha imposto agli archeologi un decisivo cambio di rotta. È possibile che ci sia qualcosa che suona ‘fesso’ in questa rincorsa alla modernità, ma oggi siamo di fronte ad una scelta improcrastinabile e a cui non possiamo sottrarci: così anche una rivista dal lungo pedigree come la nostra, ha la necessità, si potrebbe aggiungere quasi l’obbligo, di riflettere su che cosa vuole essere oggi e, soprattutto, in un prossimo futuro. [...]

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